LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE |
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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
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Passaggio allo schiavismo della variante antico-classica Esaminiamo come muta la condizione di produzione fondamentale – i rapporti di consanguineità – al momento del passaggio dalla forma primaria alla secondaria. Nell'Ideologia tedesca, Marx affronta tale questione da diversa angolatura rispetto ai Grundrisse. Egli parla della "forma schiavista consecutiva al patriarcato" che aveva soppiantato il matriarcato della forma primaria in cui la produzione e la riproduzione dell'uomo, data la bassa crescita demografica e la terra da colonizzare, costituisce la prima forma produttiva, poiché essa accresce il numero di cooperanti di una stessa comunità. Questa formula definisce nello stesso tempo il punto di partenza della società di classe – in questo caso lo schiavismo – sullo slancio del patriarcato che ne prepara la base nella produzione mettendo la famiglia nella gogna dello schiavismo domestico. Consideriamo dapprima nell'evoluzione verso la forma schiavista il processo nel corso del quale i rapporti sociali di consanguineità si trasformano in quelli della proprietà fondiaria, talché l'appropriazione del suolo si subordinò, determinandoli, i legami di consanguineità che si trasformeranno in rapporti di asservimento al proprietario fondiario: schiavo deriva da famulus, dallo schiavismo domestico dell'Asia. Tra i due, formando la transizione, si colloca il patriarcalismo dei popoli pastori che vivono dei loro greggi [1]. La prima appropriazione duratura di un prodotto (Marx dice di una appendice, sottolineando così la sua genesi) della terra, l'armento, si effettua con l'addomesticamento, cioè con la riproduzione, filtrata dal lavoro umano, del bestiame, che stabilisce il legame tra suolo e comunità. Questa attività degli uomini, questo rapporto con un'appendice mobile, particolare, della terra, fa sì che i rapporti fondamentali di consanguineità siano soppiantati da quelli che il gruppo umano possiede ormai con la terra nel lavoro dell'allevamento. Patriarcalismo e proprietà privata Poiché l'agricoltura serve a nutrire il bestiame, l'uomo cade al servizio degli strumenti di produzione – che prendono allora la priorità sull'uomo. L'economia è mediata, e la mediazione si drizza di fronte ai produttori per dominarli. L'appropriazione e il lavoro della terra si sviluppano tramite un intermediario che diviene lo scopo, l'armento, che bisogna, ad esempio, innanzitutto nutrire. Decisive e fondamentali sono dunque le necessità economiche specifiche e non i bisogni immediati dell'uomo. L'umanità non progredisce secondo una logica razionale, ma in funzione dello sviluppo delle ricchezze e delle forze produttive, che solo molto più tardi, nella società comunista dello stadio superiore, saranno per l'uomo. Ma fino a quel momento l'uomo è ad esse subordinato nelle società di classe. Schiavismo e rapporti di proprietà Nei Grundrisse, Marx descrive particolarmente la genesi e il divenire delle strutture sociali della forma antico-classica a partire dall'insediamento dei Greci e Romani sulle rive del Mediterraneo, accennando alla loro evoluzione in popolo pastore i cui rapporti erano divenuti patriarcali. Poiché la proprietà privata – l'armento – era mobile, in quanto l'attività di appropriazione della terra è nomade tra i popoli pastori, i conquistatori, fissatisi, divisero le terre cui ebbero accesso secondo i loro rapporti di proprietà tradizionale, ossia in modo duplice: da una parte la proprietà collettiva (ager publicus, demanio, foreste, terre da legnatico, da pascolo, ecc.), dall'altra la parcella privata posseduta in origine da ogni membro della comunità [5]. Il parallelogramma delle forze Tutte le strutture che costituiscono una data forma di produzione nascono, si sviluppano e muoiono in un movimento che va al di là di una sola e medesima forma di produzione, sì che esse si mutano passando dall'una all'altra. Importa di ben stabilire qual è la dialettica di queste mutazioni per comprendere l'effetto del quadro generale di una forma sulle sue parti integranti, essendo la nostra concezione di una forma non solo quantitativa, ma anche qualitativa. Anticipazione e transizione Questa dialettica di anticipazione di un elemento – nel nostro esempio, il denaro – sorto in una forma precedente con rapporti determinati da quest'ultima, esige che esso si sviluppi ancora ulteriormente – per divenire capitale – in collegamento con i rapporti d'insieme di un'altra forma.L'adagio degli Antichi: Nullum est iam dictum quod non sit dictum prius (nulla è mai detto che non sia già stato detto) non va inteso nel senso che non vi è mai nulla di nuovo sotto il sole, ma in quello che ogni embrione della futura forma sviluppata contiene già pronte la sua matrice o le sue strutture. Così la borghesia è stato e ordine feudale prima di esistere come classe capitalistica moderna. D'altronde, il servo integra le caratteristiche dello schiavo, e il proletario (lavoratore o disoccupato) quelle di entrambi, oltre alle sue nuove caratteristiche sviluppatesi sulla base delle precedenti e dei nuovi rapporti sociali. Così il proletario è libero di vendere se stesso (in ciò la novità rispetto allo schiavo) o di ... crepare di fame – il che mostra la sua subordinazione ai mezzi e agli strumenti di produzione, di cui lo schiavo era l'eguale e a cui il servo era legato. La "dégringolade" continua dunque sulla via dell'alienazione. Insomma, come vedremo, la favola del salariato inizia con lo schiavismo. Ma applichiamo l'adagio latino per seguire lo sviluppo del germe dello schiavismo dalla variante asiatica a quella greca e romana. Nella forma secondaria, diviene determinante l'economia nel senso stretto del termine, e ben presto lo strumento, divenendo più importante della forza lavoro individuale, prevarrà sull'uomo per determinare le sue condizioni di vita e di produzione. Zeus trasformerà allora la donna in vacca, mentre lo schiavo sarà in tutto e per tutto uno strumento produttivo, divenendo il primo produttore sfruttato. Ciascun fattore, sia esso lo scambio, lo strumento o persino la forza lavoro, muta allora di rapporti, essendo diversamente combinato con la base e con le altre strutture e collocandosi più o meno lontano dalle fondamentali condizioni di produzione che gli infondono forza e vigore [10]. Una preziosa indicazione di Marx nei Grundrisse ci permette di definire qual è la strutturazione di una forma di produzione, concepita come un parallelogramma di forze, non sclerotizzato, ma in duplice movimento: 1. anzitutto nel senso che una stessa struttura – ad esempio il salario – cambia di significato se la si confronta a ciò che essa era nella forma precedente o a ciò che sarà nella seguente, allorché la sua posizione nella base economica., le sue ramificazioni con altre strutture così come la sua portata ed efficacia sono totalmente diverse. Per esempio, il salariato nell'esercito antico non si colloca nella sfera angusta della produzione, non crea quindi plusvalore e non è collegata al capitale, ma è nondimeno l'anticipazione del salariato moderno che ha tutte queste caratteristiche e rappresenta l'altro polo del rapporto capitalista stesso nella base economica: ciò che è comune è la forma mercantile e monetaria rivestita dalla merce forza lavoro umana. In questo senso, è un'anticipazione fondamentale dell'attuale salariato. |
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Un esempio dello spostamento della forma salario è il modo di remunerazione stipendiato dei funzionari del capitale che assolvono i compiti di quest'ultimo: comandare gli operai, far circolare il capitale sotto la sua forma monetaria, realizzare il prodotto sul mercato, ecc., tutte funzioni che non si effettuano nella sfera del processo di lavoro produttivo (di plusvalore).
Come si vede, il salariato si trova qui in un rapporto di mera forma, poiché non è del capitale variabile che esso esprime, ma del profitto nella veste formale del salario: lo stesso presidente della Repubblica può essere così salariato, senza che ciò implichi la vendita della sua forza lavoro per produrre nel rapporto capitalistico di produzione di plusvalore. Trattasi di una forma affatto vuota, non essendo il salario che un involucro mistificante del contenuto reale. Esso non ha evidentemente un senso pieno – e non parziale quando è in via di transizione o di degenerazione – che quando è legato al capitale in un rapporto produttivo, ossia nella base economica della produzione borghese della forza lavoro operaia; 2. in seguito nel senso che il confronto di una forma con la seguente o la precedente mostra la portata della progressione storica in quanto si ha una migrazione di rapporti il cui spostamento ne muta le connessioni, dunque la natura, al punto che un rapporto può essere determinato, subordinato e quindi secondario, anziché decisivo. Occorre insomma determinare continuamente l'orientamento della dinamica in senso ascendente o discendente di una forma o di una struttura, sottolineando non la definizione, ma il trapasso da una forma all'altra. È quanto esprime in maniera incomparabile la definizione generale di una forma di produzione con l'analisi delle sue strutture e rapporti, il movimento essendovi formulato nel rapporto dal generale, o determinante, al particolare: "In tutte le forme di società è una produzione determinata [nella forma primaria la consanguineità o comunità di sangue; nella secondaria, il lavoro della terra o la proprietà fondiaria; nella terziaria, l'agricoltura e l'artigianato; nella quaternaria, l'industria che domina l'agricoltura, ecc.] che assegna rango e influenza a tutte le altre: i rapporti essenziali condizionano il ruolo delle altre attività e strutture. È una luce generale che illumina tutti gli altri colori e ne modifica la tonalità particolare. È un etere particolare che determina il peso specifico di tutto quanto esso avvolge" [11]. Così, nella forma secondaria, condizione e risultato della produzione non sarà più la riproduzione (allargata in tutti i sensi) degli esseri umani, quella sessuale essendo saldata all'"economica", ma sarà bensì la produzione più "importante" e il modo dominante di lavoro (la terra, in questo caso) a determinare i rapporti sociali nei quali si riprodurranno gli uomini: la società reale entrerà in opposizione con quella ufficiale, la base economica con le sovrastrutture o rapporti sociali, la distribuzione nella produzione con quella nella società. Il morto afferra il vivo Dopo aver decifrato nel passato la genesi delle condizioni attuali, e dunque anche la chiave per comprenderle, gettiamo uno sguardo sui rapporti dell'Italia borghese che, secondo l'espressione di Engels, non soffre solo delle infamie capitalistiche, ma altresì di tutte le vestigia del passato che la mancanza di radicalismo della debole borghesia italiana ha lasciato sussistere per trovare un sostegno nelle condizioni e nei ceti ultraconservatori. Questo esempio ci permetterà di illustrare in quale maniera multiforme sopravvive il passato nella forma più sviluppata del capitalismo – quella del fascismo, di cui tutte le leggi sono mantenute e che fiorisce oggi ovunque sotto la sferza yankee di un capitalismo ultraconcentrato e totalitario in putrefazione nelle metropoli sviluppate. 1. Lo schiavismo ha il più chiaramente assoggettato il produttore, dando al padrone il potere di abusare senza dargli le qualità di usare, dato che lo schiavista è rappresentato sul lavoro dalla frusta e nella società dal patriarca protettore e benevolo che mantiene il produttore – panem et circenses – spogliato preliminarmente del prodotto del suo lavoro. Privato della disponibilità del suo corpo, lo schiavo diviene un essere completamente dipendente: egli non sa lavorare, né mangiare, né vivere senza il suo padrone. Senza la frusta, egli non fa niente e non sa fare niente. Il produttore è frustrato di ogni umanità, degradato al livello di bestia. 2. Nella seconda fase medievale, sotto l'influenza della variante germanica, il produttore fa un patto di accomandazione col proprietario fondiario che come contropartita fornisce un lavoro: difenderlo militarmente contro gli invasori. L'esistenza del lavoratore è riconosciuta, trova un terreno d'azione e ha una base materiale nella parcella autonoma del servo o dell'artigiano e bottegaio. Il lavoratore parcellare è padrone a casa sua: egli decide del proprio tempo di lavoro sul suo appezzamento, della tecnica che usa nel processo di produzione, e tenta in modo rivoluzionario di determinare la forma (borghese) della città, armandosi e dibattendo nelle assemblee popolari. Il contadino parcellare ne costituisce la figura più saliente, per la sua credenza nell'emancipazione dell'individuo. Al contempo, il progresso è spettacolare: l'industria si stacca dalla morsa della proprietà fondiaria, il produttore ottiene un posto e un potere di decisione nella società, sul mercato – dopo aver fatto il suo tempo di sopralavoro per il padrone e signore, che sussiste ormai imborghesendosi. 3. Con il proletario salariato nasce una forza di trasformazione sociale che è capace non solo di produrre e di sovraprodurre, ma anche di instaurare una società in cui gli uomini non saranno più passivamente sottomessi alle determinazioni del capitale, ma usciranno dalla preistoria dello schiavismo del produttore. Anziché essere individuale, cioè senza forza e illusoria, l'emancipazione sarà sociale e universale. Secondo la formula di Marx nel VI capitolo inedito del Capitale, "il salariato agisce come un libero agente, deve però anche mantenersi; è lui stesso responsabile del modo in cui spende la sua paga. Egli impara dunque ad autogovernarsi rispetto allo schiavo che ha bisogno del padrone e non può farne a meno neppure per un istante"'. (cf. capitolo Ulteriori osservazioni sulla sottomissione formale del lavoro al capitale). Nello schiavo si è riconosciuto il moderno individualista italiano, che si fa fottere e menare per il naso secondo le esigenze contradditorie di Sua Maestà il Capitale. Il proletario nella sua ricerca di mezzi di sussistenza (alimenti, vestiti, abitazioni, giornali, ecc.) si scontra con l'avidità del bottegaio, con il proprietario fondiario che sovraccarica i prezzi di produzione con la sua rendita sui mezzi di trasporto e le case, con il suo capitalista che traffica e altera la qualità dei prodotti, con le sovrastrutture che vogliono spingerlo nella via della soddisfazione borghese dei suoi bisogni, imbottendogli la testa ad ogni angolo di strada e persino in casa sua. Se cede, egli diventa una bestia senza volontà né senso dei propri interessi – uno schiavo salariato, un italiano. Diventa incapace di superare gli impulsi immediati, di organizzarsi da sé, di essere un punto fisso su cui si possa contare per agire insieme, per prevedere ed organizzare l'azione in comune, in breve di avere un proprio scopo. Egli non ha più una colonna vertebrale in grado di dargli una esistenza separata, in opposizione alle potenze dominanti che lo schiacciano, specie gli USA che hanno "liberato la nazione" incapace di determinarsi da sé, di produrre per la sua popolazione e di dargli un "ideale". La mercantile borghesia italiana non sa infatti che abusare, ma non gestire, essendo esperta solamente nella direzione della res publica, della violenza dello Stato dispotico che reprime i produttori.Lasciando così completamente libero corso allo sviluppo del capitale, la borghesia italiana ha spinto a fondo la dialettica di decomposizione capitalista. È il non-governo della borghesia nazionale; gli stessi borghesi sono ridotti in schiavitù, avendo perso il controllo della società, ed essendo sballottati dal capitale in crisi storica di dissoluzione fisica e intellettuale, in breve essendo persino incapaci di maneggiare le sovrastrutture dello Stato che hanno permesso alla giovane borghesia rivoluzionaria di intervenire di ritorno sulla base economica. L'impotenza umana nei confronti delle cieche determinazioni borghesi appare in modo lampante, nell'Italia della fine dei tempi capitalisti, nel fallimento dell'economia, che non suscita la ribellione delle forze produttive, del proletariato, tanto questo è incancrenito dal virus borghese e privato di ogni senso di classe proprio — ad immagine della stessa borghesia italiana –, è cioè sterilizzato come lo schiavo che è puro oggetto e strumento. L'affarista e mercantilista borghesia italiana riesce ancora a fare degli affari quando la sua produzione è in fallimento, visto che un capitalista strappa un lembo di plusvalore all'altro, sviando le ricchezze tramite i partiti politici, le istanze locali e centrali dello Stato, non pagando le sue imposte, né le assicurazioni sociali obbligatorie, provocando l'inflazione, ecc. Essa utilizza cioè tutti i mezzi dell'abuso legato al suo titolo di proprietà. Con la subdola complicità delle organizzazioni operaie, che hanno respinto ogni principio per darsi all'immediatismo opportunista che volge le spalle agli interessi propri dei proletari, la borghesia disarma gli operai utilizzando movimenti di rivendicazione sbagliati: scioperare per delle bazzecole e non scioperare per esigenze comuni essenziali; fuorviare un movimento, ma solo quando è debole, contro un nemico forte, disarmare una forza operaia potente non conducendo la lotta dove è necessario, contro chi è necessario, nel momento necessario. Queste organizzazioni operaie applicano la teoria del non-governo alla rovescia: scoraggiando e sterilizzando ogni azione operaia con una falsa direzione. Castrano così ogni azione, volontà e coscienza propria agli operai. Si comportano come proprietari della massa degli operai ridotti in schiavitù, pretendendo di avere il monopolio della direzione delle sue azioni e delle sue volontà: l'operaio deve tacere quando il bonzo traditore parla e ordina. L'operaio italiano è così uno dei più sfruttati e fregati del mondo. Invece di avere un salario sufficiente a nutrire i suoi per riprodursi, egli batte il record mondiale del doppio lavoro. La giornata di 8 o di 7 ore esiste soltanto per permettergli di vendersi a due padroni. Le donne fanno le schiave del loro signore e padrone, o ancora si vendono a basso prezzo, il più delle volte al lavoro nero in cui l'individualista operaio italiano, incapace di una coscienza propria, ma copia fedele della sua borghesia opportunista, si arrangia. La mentalità cattolica diffusa in tutta Italia parte dal principio che il produttore non ha volontà né testa propria – e la Chiesa, come i partiti operai degenerati, pretende di avere il monopolio della sua coscienza. Essa diventa gesuita quando parla – come Berlinguer – di difendere gli interessi delle masse dei poveri e degli oppressi, mentre in realtà li castra iniettando loro il virus dell'impotente ideologia individualista delle classi dominanti che vedono la salvezza solo in privato. Il buon pastore tradisce così quelli di cui si arroga la custodia. Fissa loro le regole di vita e di comportamento e sì concede il diritto di controllo della loro applicazione. Stende così una lista dei peccati e degli atti permessi con un orientamento opposto alla vita e alla natura umana. L'uomo viene considerato come una bestia; il suo corpo è vile materia, o, come un angelo, senza sesso e senza bisogni. L'alternativa è antiumana e contraria ad ogni espressione umana delle masse. La solidarietà dei poveri è distrutta non appena va nel senso dei loro interessi, combattuti dalle organizzazioni opprimenti della borghesia. Come un mascalzone che batte il suo cane, il suo bambino o sua moglie perché ne è proprietario e ha dunque il diritto di abuso, l'uomo è limitato al proprio individuo, di cui deve salvare l'anima, perdendo il corpo e il mondo terreno che sono sporchi. L'atto d'amore diventa così o condannabile o pornografia. II corpo non appartiene al proletario, ma allo schiavista o al capitale, e ogni piacere fisico o intellettuale dell'operaio è uno sconfinamento sulla proprietà delle classi dominanti, i cui aguzzini sono il poliziotto e il prete, coadiuvati in questo dopoguerra dai traditori delle "organizzazioni operaie" che si pretendono socialiste e comuniste. Di fronte a una tale, atroce situazione di sfruttamento diurno e notturno delle masse operaie, non è possibile che una risposta: una rottura completa con l'immediatismo, l'opportunismo, i compromessi, con una pratica che ha castrato ogni movimento autonomo di classe e ogni iniziativa rivoluzionaria per rinchiudere le masse nella gogna dello schiavismo salariato. Questa risposta non può essere che totale e radicale, violenta e rivoluzionaria, non può essere che di partito e di classe, che la faccia finita con l'individualismo e col suo corollario, lo spirito di categoria, che difende interessi privati di gruppi particolari. In Italia ciò può avvenire soltanto riallacciandosi al formidabile partito comunista nato a Livorno, il cui programma è e resta l'unica bussola nel naufragio di tutti gli altri tentativi operai. Cadranno allora le visioni privatiste e personaliste insieme ai loro mezzi, l'elettoralismo e la politica dei capi, che illuminano le folle cieche, secondo l'espressione di un testo contro l'individualismo del 1953: La rivoluzione si rialzerà tremenda ma anonima! Questa soluzione non riguarda particolarmente la piccola Italia, ma il mondo intero. Ma questa volta è il proletariato – non la borghesia – a dare la soluzione all'umanità. |
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[1] Prima del loro arrivo sulle rive del Mediterraneo, i Greci e i Latini, di ceppo ariano, erano divenuti pastori, come nota Engels ne l'Origine della famiglia, ecc., attraversando lo stadio patriarcale che prepara lo schiavismo nella produzione: "L'addomesticamento e l'allevamento, la formazione di vasti armenti sembra abbiano portato alla separazione di Ariani e Semiti dalle restanti masse di Barbari". Morgan a questo proposito precisa: "L'addomesticamento degli animali introdusse gradualmente un nuovo modo di vita, quello pastorale, nelle pianure della Mesopotamia e dell'India, e nelle steppe asiatiche: probabilmente fu in qualche punto dell'intersezione di queste aree che l'allevamento fu per la prima volta introdotto", cf. La società antica, cap. 2, IV, Alimentazione a base dì carne e latte.
[2] Morgan a proposito dice: "Nell'emisfero orientale l'addome-sticamento consentì, alle genti più frugali, previdenti e operose di assicurarsi un approvvigionamento continuo di cibo animale, latte compreso (sappiamo che i Greci mungevano pecore, mucche e capre, cf. Iliade, IV), l'influenza del quale fu salutare e corroborante per la razza e soprattutto per la crescita dei fanciulli. Non è avventato supporre che le famiglie ariana e semitica debbano le loro doti preminenti all'alto grado di identificazione che esse stabilirono con la conservazione numerica del bestiame, il che si verificava fintanto che è possibile risalire nella storia. Di fatto nessun gruppo umano ha a tal punto sviluppato i suoi legami con gli animali domestici; e gli ariani si spinsero a loro volta ancora più in là dei semiti" (ibid). [3] Morgan spiega: "Una volta avvezzi alla vita pastorale, sarebbe stato impossibile sia per i semiti che per gli ariani ritornare coi loro greggi nelle aree forestali dell'Asia occidentale e dell'Europa, senza avere almeno prima imparato a coltivare alcuni dei cereali necessari al sostentamento del bestiame, nelle regioni a grande distanza dalle ricche praterie. È dunque estremamente probabile, come si è già detto, che la cerealicoltura abbia tratto origine dai bisogni degli animali domestici, anche in connessione con le grandi migrazioni verso occidente" (ibid.). - Sulla traccia di Mommsen, egli attinge le sue deduzioni dalla genesi delle lingue, unico mezzo sicuro per decifrare la storia prima di disporre di testi scritti. Si trovano gli stessi nomi di animali domestici nei molteplici dialetti della lingua ariana, ma non gli stessi nomi di cereali o di piante coltivate, e ciò dimostra che la scoperta e coltivazione dei cereali tra le famiglie ariane sono posteriori all'addomesticamento degli animali. "Mommsen, dopo aver mostrato che gli animali domestici avevano gli stessi nomi in sanscrito, greco e latino, prova così che queste nazioni li avevano conosciuti e addomesticati prima di separarsi" cf. Storia di Roma, citato da Morgan, p. 24. [4] Nella società borghese, il barometro dei rapporti sociali è la posizione della donna, che misura il crescente schiavismo delle società di classe. Nell'antica società patriarcale, la maggioranza degli uomini e delle donne soffrivano, come schiavi, nel processo del lavoro, mentre nel capitalismo, il dispotismo di questo imbecille d'un maschio accresce questi tormenti. La donna e i bambini sono più che mai caduti in basso. L'Italia, dove fiorì lo schiavismo antico che ossessiona ancor oggi le sovrastrutture e i cervelli rincoglioniti, lo dimostra abbondantemente. Citiamo semplicemente un episodio che illustra una tenace e diffusa mentalità: Un certo Carbone uccise la moglie quando s'accorse che non era vergine, e la stessa sorte toccò alla sorella poiché era al corrente di tutto. Questo essere sensibile pianse d'emozione davanti al tribunale che l'assolse per la morte della moglie infliggendogli trenta mesi per quella dell'altra donna, non essendo essa sua diretta proprietà. La legge "fascista" del 1930 non sempre è abrogata. Si dice che gli italiani "vivono tra due mondi". È il capitalismo che non solo non supera le infamie del passato, ma le aggrava generalizzandole a tutte le sfere dei rapporti sociali, poiché è la società di classe più perfezionata.
[5] I rapporti della proprietà privata erano tuttavia sufficientemente sviluppati per far sì che l'appropriazione della parcella si avvicinasse per tutti i membri della comunità alla proprietà privata, e ciò accelererà in seguito l'espropriazione dei piccoli contadini rovinati, e dunque la concentrazione delle terre in grandi domini. A questo punto, la proprietà collettiva (ager publicus) era matura per divenire proprietà statale (dei patrizi). Tutto ciò implica uno sviluppo già relativamente elevato delle forze produttive e del mercantilismo. I Germani partirono dallo stesso dualismo di proprietà, ma si trovavano a un livello di sviluppo inferiore, ossia erano più distanti dalla proprietà privata (grande o piccola), dal mercantilismo e dallo Stato politico di classe dei Greci e Romani. La spiegazione si trova indubbiamente nel fatto che i Germani che emigravano vivevano alle frontiere dell'India ed erano organizzati in contadini-guerrieri.
Per fissarli nella zona che doveva essere difesa contro gli invasori, si attribuì loro una parcella di terra. Tale rapporto è una anticipazione, certo lontana ed embrionale, della forma feudale, in cui si muterà poi la variante germanica in contatto con quella antico-classica, poiché la funzione militare vi si trova già legata al possesso della terra, alla sua difesa. Anche perciò i Germani erano meno mercantili, il che a sua volta li predisponeva alla loro funzione nel feudalesimo, in cui, come classe dominante, la gerarchia germanica conclude un patto di accomandazione col contadino, fissandolo alla terra. L'antico Egitto aveva già anticipato questo sistema – come indubbiamente anche l'India. Secondo Engels: "L'intero esercito formava una sorta di colonia militare legata alla terra, e a ogni uomo veniva concessa una larga parcella di terra come remunerazione dei suoi servizi. Questi coloni si trovavano il più delle volte nella zona inferiore del paese dove esisteva il pericolo di essere attaccati dai vicini Stati asiatici. Le colonie erano limitate all'Alto Nilo, poiché gli Etiopici non erano avversari temibili. Questo spiega come la forza dell'esercito si trovi nella fanteria (come a Roma e presso i germani dove i contadini rappresentavano la forza viva della nazione), e particolarmente negli arcieri", cf. L'Esercito, in The New American Cyclopaedia, vol. II II, 1858, p. 124. > |
Le rivoluzioni in Asia non pervennero a spezzare l'egemonia della casta dei preti, che restano la fazione decisiva delle classi dominanti, donde l'ipertrofia della sfera intellettuale. La storia getta degli archi anticipatori al .di sopra delle epoche e delle forme di produzione, così come crea gli elementi di stagnazione e di conservazione del passato.
[6] I patrizi hanno progressivamente usurpato i domini pubblici che erano beni collettivi, appropriandosi un recente progresso – la formazione embrionale delle nazionalità sullo slancio della confederazione delle tribù in popoli, e successivamente della federazione dei popoli. In realtà, questi fatti sociali permisero un considerevole sviluppo delle forze produttive, poiché le marche o fasce di protezione (foreste, steppe, paludi, montagne, ecc.) che separavano il territorio di una tribù dall'altra, furono progressivamente colonizzate e incorporate nella sfera d'attività di una comunità in espansione. La forma schiavista, superiore al modo di produzione anteriore, s'estese nello stesso tempo a spese delle piccole parcelle dei membri della comunità. Questi due movimenti andarono di pari passo sfociando nella dissoluzione degli organi di sintesi della comunità arcaica e nella loro sostituzione con lo Stato di classe. Il progresso delle forze produttive ha incominciato col minare le forme troppo anguste delle tribù, quindi della federazione di tribù, e i patrizi hanno dovuto solo prendere la testa dopo aver rosicchiato e scalzato la base locale, divenendo la potenza economica più concentrata. Basandosi sullo sviluppo delle forze produttive, i patriarchi come i patrizi videro i loro dominii ingrandirsi parallelamente alla rovina delle piccole comunità tribali. Lo schiavismo andò di pari passo quindi alla formazione dei dominii dei padroni di armenti o di schiavi. L'accaparramento era tuttavia una forma mascherata e insidiosa, come lo stesso schiavismo fu latente, cioè domestico, finché rivestì una forma pastorale, il che presuppone precisamente grandi estensioni di terra. È evidente che lo schiavismo che fissa i produttori al suolo consentendo uno sfruttamento agricolo o minerario ecc. più stabile dell'attività pastorale nomade, doveva immancabilmente soppiantare il patriarcato che rimaneva legato a forme più limitate e più anguste ed era inoltre gran dissipatore di terre. La sua debolezza era sia militare (poiché l'unità produttiva era troppo piccola per organizzare la difesa contro le compatte ondate dei popoli migratori) che economica (poiché l'agricoltura è finalmente più produttiva del solo allevamento). Questo bastò ad eliminare lo schiavismo domestico laddove trovava le condizioni per svilupparsi in aperto schiavismo che rovinò la serena, ma ipocrita figura del patriarca. [7] Cf. Marx, Tesi di dottorato sulla differenza tra la filosofia della Natura di Democratico e Epicuro, parte I, Argomento della trattazione. Marx indica – e questo ci chiarisce il senso e la portata che hanno le sovrastrutture in rapporto ai fatti fondamentali dell'economia – che l'epicureismo, lo stoicismo e lo scetticismo sono le matrici dello spirito romano, la forma sotto la quale la Grecia è emigrata a Roma. [8] Poiché ci sforzeremo soprattutto di spiegare i rapporti del meccanismo sociale, tralasceremo le parti descrittive, quali quelle delle prime pagine de l'Origine della famiglia, ecc. che classificano i diversi stadi dello stato selvaggio, poi della barbarie, ed infine della civiltà, insistendo sulla natura degli strumenti e dei prodotti volta a volta creati. [9] Nello Schema sinottico annesso, le due prime caselle orizzontali introducono ciascun modo di produzione e di società, indicandone livello tecnologico e condizioni preliminari alla produzione, cioè la base. Esse determinano infatti il luogo e l'importanza di tutte le altre strutture (caselle) e danno la tonalità generale in cui sono immerse. [10] La disgregazione dell'unità familiare iniziale che fondava la comunità della forma primaria di produzione, ci rivela il segreto della forma familiare attuale in stato di avanzata dissoluzione e putrefazione. Marx ne ha dedotto la formula del Manifesto dell'abolizione della famiglia che "si basa sul capitale e sull'appropriazione privata", la pretesa "dolcezza dei legami tra genitori e figli" non essendo che una mistificazione, poiché gli esseri umani sono oggetti di commercio e la famiglia la prima forma di schiavismo.
[11] Cf. Marx, Grundrisse, Introduzione.
È questa migrazione da un campo all'altro del parallelogramma delle forze sociali che ha determinato la differenza, poi l'opposizione crescente tra le sfere sovrastrutturali e la base economica, capovolgendo il significato di ciascuna di esse e introducendo dunque la mistificazione, poiché da una forma all'altra ciascuna struttura – la razza o la famiglia, per esempio – cambia d'abito, di rapporti, pur restando un fatto oggettivo. Marr ne dà un esempio particolarmente significativo a proposito della lingua, che – come mezzo di comunicazione – è, prescindendo da alcuni sovraccarichi ideologici, una forza produttiva della base economica, sì che esso vale anche, mutatis mutandis, per il campo dei rapporti sociali: "Nel processo di evoluzione, il momento formale e ideologico di questi quattro elementi migra a balzi in verticale e in orizzontale, sviluppandosi a ciascuna mutazione mediante l'unità dei contrari ... Il cambiamento non si produce solo in due sezioni relative alla tecnica, ma anche in due sezioni, ideologica e formale. Infatti al momento del processo di evoluzione, il discorso ha traversato una serie di stadi che hanno modificato l'ideologia, la messa in forma e la tecnica in ogni sezione, fino ad ottenere i divarii per opposizione. Inoltre, ad ogni stadio, l'azione della sovrastruttura sulla base materiale reagisce di ritorno per modificarla. Ora, più uno stadio è prossimo a noi, più i quattro elementi linguistici son riusciti a modificarsi quantitativamente e qualitativamente", cf. La langue et la modernité, 1932. |
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